“UGI, oggi, è un’infrastruttura di collegamento. Perché l’ospedale è il luogo della guarigione, ma la cura avviene in tutta la città. E noi siamo la rete di tubature, di fili, di collegamenti che permette all’acqua – alle energie, alle competenze, alle attenzioni – di arrivare nel posto giusto”.
È un’immagine potente quella scelta da Franco Sarchioni, vicepresidente dell’UGI, per restituire al volontariato la sua dimensione più vera: quella di un meccanismo nascosto, ma essenziale. “Se mancassero i volontari – ragiona Sarchioni – avremmo un problema. Ma se mancassero le migliaia di persone che ci sostengono dall’esterno – con tempo, denaro, consigli, competenze – saremmo tubi nel deserto. L’acqua ci sarebbe, ma si disperderebbe”. Questa visione rende immediatamente chiaro perché il Comitato Gestione Volontari di cui Sarchioni fa parte esista e perché abbia un ruolo tanto delicato quanto strategico. Il Comitato, infatti, si occupa di organizzare il reclutamento, la formazione, l’aggiornamento, la supervisione dei volontari, incarica i referenti di ogni gruppo per l’organizzazione dei turni di presenza, ha compiti di vigilanza e di eventuali sanzioni nei loro confronti. Quando Sarchioni entrò nell’UGI, 24 anni fa, “l’associazione aveva una struttura molto più semplice, anche se già erano state messe le basi per la crescita”.
Oggi, invece, “è un sistema complesso che coinvolge più di duecento volontari e un numero ancora maggiore di sostenitori esterni”. E come ogni organismo complesso, ha bisogno di un centro che ne mantenga l’equilibrio. “Il Comitato esiste perché serve qualcuno che coordini, gestisca, risponda alle esigenze storiche e alle nuove necessità”. Un lavoro che si è evoluto insieme con i bisogni delle famiglie e dell’associazione. “Una volta – spiega Sarchioni – Il volontariato di UGI era quasi esclusivamente in ospedale. Oggi, invece, con l’espansione dei servizi come Casa UGI e UGIDUE, per citarne solo alcuni, servono competenze che si adattino alle diverse necessità”.
Accanto ai volontari di reparto – ancora oggi fondamentali – ci sono i gruppi dedicati a Casa UGI, ai trasporti, agli eventi, alle attività sportive e ricreative, ai progetti territoriali. “Il volontariato, oggi, è un ventaglio di forme e possibilità”. E uno dei compiti principali del Comitato è quello di anticipare i bisogni, non solo di rispondere alle contingenze: “Bisogna capire cosa servirà tra cinque, dieci, dodici anni. L’associazione, come le persone, cambia. Bisogna accettare il cambiamento e governarlo”. Il reclutamento dei volontari segue un iter preciso. Il primo colloquio, gestito dalla segreteria, verifica i requisiti anagrafici e la disponibilità dei candidati volontari. La selezione tiene conto delle esigenze dei referenti dei vari gruppi – dove servono persone, con quali competenze, con quali orari – e delle attitudini del candidato. Segue un colloquio con i referenti dell’attività individuata, e l’incontro con la psicologa, necessario per tutti, ma indispensabile fin da subito per i ruoli a contatto con i pazienti. “La psicologa è fondamentale non solo nella selezione, ma anche come supporto costante per i volontari che ne sentano la necessità”. Non si tratta di una formalità, ma di un processo che tutela sia il volontario sia le famiglie e i bambini che incontrerà. Il contesto generale è cambiato. “Le vite – riflette Sarchioni – sono più complicate, gli orari più rigidi, il tempo libero meno stabile. Una volta tutti finivano di lavorare alle cinque. Oggi no”. Il risultato è che i volontari giovani ci sono, ma hanno disponibilità intermittente: mesi a Torino, poi periodi all’estero; settimane intense e settimane impossibili. “Forse dobbiamo imparare a gestire volontari “agili”: persone con cadenze variabili, che si alternano, che non hanno orari fissi ma competenze importanti”. Tenendo ovviamente conto del fatto che il nodo centrale è la stabilità del servizio: le famiglie continuano ad aver bisogno di una presenza costante nei reparti e nelle case; gli orari dell’ospedale non sono negoziabili. Trovare un equilibrio tra flessibilità dei volontari e rigidità dei bisogni è una sfida aperta, comune alla quasi totalità del terzo settore. E tutto, secondo Sarchioni, converge sul valore del tempo. “Il tempo è il punto di caduta di tutte le riflessioni. È ciò che doniamo, ciò che manca, ciò che rende possibile tutto il resto”. E in un’epoca in cui tecnologie, dispositivi, lavori e abitudini erodono i minuti liberi, la sfida è mantenere spazi di relazione umana. “E la conclusione, pensando ai servizi che grazie al volontariato vengono offerti, molto spesso in un percorso comune con i servizi pubblici, è netta: “Se non ci sono volontari, il castello crolla. I volontari non solo trasmettono energia: la producono, creano qualità. Senza di loro nulla sarebbe possibile”.
