UGI - Il Giornale dell'UGI - I DIRITTI DEL GENITORE DI UN MINORE CON MALATTIA ONCOLOGICA

I DIRITTI DEL GENITORE DI UN MINORE CON MALATTIA ONCOLOGICA

Una diagnosi di tumore, come abbiamo già indicato nello speciale, per un figlio minore ha molteplici ricadute per i genitori anche sul piano economico/lavorativo, poiché il minore, in quanto tale, necessita della presenza costante di un esercente della potestà genitoriale. A seconda del tipo di lavoro svolto dal genitore, le garanzie fornitegli sono differenti; attualmente, le uniche garanzie riconosciute dal Legislatore riguardano il genitore lavoratore dipendente, nel qual caso trova applicazione, oltre alla regolamentazione civilistica generale, La Legge 5 febbraio 1992 n. 104 (“Disciplina, requisiti e agevolazioni previste per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili”) e la Legge 23 dicembre 2000 n. 338.

Il genitore lavoratore dipendente, a seconda dell’età anagrafica del figlio, ottenuta la c.d. “104”, avrà diritto a quanto segue.

  1. Nel caso di bambino minore dei 3 anni, i genitori biologici o adottivi/affidatari hanno facoltà di ottenere permessi in maniera alternativa di:
  • 2 ore di permesso giornaliero retribuito (1 ora se l’orario lavorativo del genitore è inferiore alle 6 ore);
  • 3 giorni di permesso mensile retribuiti, frazionabili anche in ore (se previsto dal contratto di lavoro);
  • il prolungamento del congedo parentale (massimo tre anni e comporta una indennità pari al 30% della retribuzione, da fruire entro i 12 anni di età del minore).
  1. Nel caso di minore tra i 3 e i 12 anni o in caso di adozione entro i dodici anni dall’ingresso in famiglia del minore:
  • 3 giorni di permesso mensile retribuiti, frazionabili anche in ore o
  • il prolungamento del congedo parentale per massimo tre anni, entro il dodicesimo anno di età del minore (pagato al 30% dall’ INPS).
  1. Nel caso di figlio maggiore di 12 anni, il genitore ha 3 giorni al mese pagati dall’ INPS al 100%.

 

L’art. 80 co. 2 della Legge 23.12.2000 n. 388 prevede poi la possibilità di un congedo retribuito dall’INPS pari all’ultima retribuzione del mese precedente l’inizio della aspettativa, per un periodo di massimo di due anni (solo un genitore può richiederlo): continuativi o frazionati a giorni. Durante il congedo non maturano TFR, ferie e tredicesima, ma essendo coperti da contribuzione figurativa sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità assicurativa (messaggio INPS n. 30 del 4.1.2024)

Vi è poi anche un congedo biennale non retribuito, all’art. 4 co. 2 della L. 53/2000.

La normativa suindicata non è sufficiente a tutelare il genitore lavoratore che si ritrovi con un figlio con una diagnosi di tumore. Pensiamo al classico caso che si riscontra nella realtà: il bambino/adolescente accede all’ospedale tramite segnalazione del pediatra o tramite accesso diretto dei genitori al Pronto Soccorso. Il bambino/adolescente viene ricoverato per sospetta diagnosi oncologica. Statisticamente la madre resterà con il figlio. Se la madre è una lavoratrice dipendente, non avendo ancora una diagnosi ufficiale del figlio, ella avrà come unica possibilità quella di usufruire dei tre giorni di permesso retribuito per motivi personali e/o famigliari; o prendere giorni di ferie o permessi di malattia per il figlio, sempre però che li abbia ancora.

Il lavoratore dipendente può assentarsi dal lavoro (in alternativa all’altro genitore se dipendente anch’egli) per tutto il tempo della malattia, se il figlio ha una età dagli 0 ai 3 anni; o per un massimo di 5 giorni lavorativi all’anno se il figlio ha un’età compresa tra i 5 e gli 8 anni. La legge non prevede, salva diversa contrattazione collettiva, alcuna indennità per il congedo per la malattia del figlio. Prima di avere una diagnosi, è verosimile che passino almeno tre settimane. Un dipendente ha normalmente un periodo non inferiore a quattro settimane di ferie retribuite all’anno, la cui fruizione però è concertata con il datore di lavoro. Una volta ottenuta la diagnosi, il genitore dipendente può usufruire dei benefici previsti dalla Legge 104, ma, in maniera ottimistica, nonostante i richiami della legge alla celerità dalla domanda, potranno passare almeno 45 giorni in cui il genitore non avrà una specifica formale legittimazione nell’assistere il figlio astenendosi dal lavoro. Nella maggior parte dei casi, i genitori utilizzeranno, quindi, le ferie. Quando finalmente la dichiarazione della 104 arriva o il genitore accede al congedo biennale retribuito o chiede il prolungamento del congedo parentale. Nel primo caso, comunque, ancorché percepisca lo stipendio al 100% non matura ferie, tredicesima e TFR e nel secondo caso riceve una paga del 30% (tranne per un mese che sarà all’80%)

Un protocollo di cura di base dura 15 mesi, ma la situazione cambia a seconda delle tipologie della malattia e soprattutto della risposta del singolo paziente. Nella migliore delle ipotesi, in cui il paziente guarisca e sia off therapy dopo 15 mesi, potrà trovarsi nella situazione di non poter rientrare nel contesto scolastico, perché privo della copertura vaccinale o dovrà affrontare fisioterapia, logopedia, psicomotricità.

Ci si chiede come farà quel genitore a provvedervi? L’assegno annesso alla Legge 104 non solo spesso non copre gli aiuti specialistici necessari, ma non copre sicuramente il pagamento di una persona che si occupi del minore mentre il genitore rientra al lavoro. Nell’attuale situazione, quindi, il care giver di riferimento, è costretto a lasciare il lavoro o a usufruire del congedo biennale non retribuito.

Sarebbe ragionevole che il Legislatore prevedesse che, qualora il minore sia ricoverato in un reparto oncoematologico per accertamenti, un genitore dipendente possa fruire di un permesso retribuito al 100% dal giorno del ricovero, fino all’ottenimento della dichiarazione di invalidità ex legge 104, a titolo di pre-autorizzazione alla fruizione dei congedi ex art. L. 104 con un prolungamento del congedo parentale al 30% per il periodo off therapy; e durante il prolungamento del congedo parentale al 30% sarebbe opportuno prevedere la maturazione dei ratei del TFR, ferie e permessi con integrazione da parte dell’INPS. Bisognerebbe prevedere, poi, una forma di assistenza economica per i lavoratori autonomi: è inaccettabile, in uno stato di diritto, che si neghi a una fetta rilevante di lavoratori una protezione assistenzialistica. Un lavoratore autonomo non inserito in una struttura capace di colmare la sua assenza sarà destinato a perdere parte della clientela che aveva finite le cure del figlio, oltre al danno economico di non guadagnare nell’immediato della durata del protocollo.