UGI - Il Giornale dell'UGI - IL VOLONTARIATO AZIENDALE

IL VOLONTARIATO AZIENDALE

Parliamo di Volontariato Aziendale. Non si tratta di una trovata di marketing, ma di una scelta dall’impatto concreto. Secondo la definizione della Comunità Europea, la CSR – Corporate Social Responsibility, o responsabilità sociale d’impresa (RSI) – rappresenta “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

Da qualche anno si fa sempre più avanti la collaborazione attiva e concreta tra aziende e associazioni di volontariato, dove le prime promuovono la solidarietà nel loro interno e le seconde beneficiano di un aiuto reale per le loro attività. Tali attività – a differenza del normale volontariato – possono essere, infatti, svolte durante l’orario di lavoro attraverso donazioni di tempo retribuito. I dipendenti delle organizzazioni che investono nel volontariato d’impresa hanno la possibilità di apprendere nuove competenze, mettersi in gioco e, al tempo stesso, sostenere delle organizzazioni del Terzo Settore. Tale tendenza sta prendendo piede negli ultimi anni anche nel nostro Paese. Questo modo di fare volontariato oltre ad avere un impatto positivo diretto per la collettività, porta tanti benefici anche all’azienda. Dedicarsi al volontariato rafforza infatti lo spirito di squadra tra i dipendenti e accresce la loro fiducia nell’impresa. D’altra parte la reputazione dell’azienda migliora visibilmente, infatti una ricerca condotta da Sodalitas, insieme a Ciessevi e Cegas Bocconi, ha di recente fatto luce sul potenziale di crescita di questo strumento attraverso una “Guida pratica per la collaborazione tra profit e non-profit”. In questo documento si definisce il volontariato d’impresa, inteso come “un progetto in cui l’impresa incoraggia, supporta o organizza la partecipazione attiva e concreta del proprio personale alla vita della comunità locale o a sostegno di organizzazioni non-profit, durante l’orario di lavoro”. Ogni anno i dipendenti potranno, infatti, scegliere di dedicare almeno tre giornate lavorative alla comunità. Ovviamente si tratta di un progetto che ha bisogno di pianificazione, organizzazione e programmazione. I dipendenti devono essere messi in grado di poter scegliere se aderire o meno senza subire conseguenze positive o negative e devono avere la certezza che l’azienda sia realmente favorevole a tale iniziativa. Alcune ricerche hanno accertato che i lavoratori che hanno preso parte al volontariato aziendale hanno aumentato la loro sensibilità verso certi temi, si sentono più motivati e arricchiscono anche la cultura stessa dell’impresa. Il mondo anglosassone ha una lunga tradizione nello sviluppo di partnership tra Imprese e Comunità. La loro vasta esperienza ha fornito un vasto insieme di dati che permettono di determinare il contributo delle Imprese alla Comunità attraverso l’analisi di tutte le attività d’investimento nella comunità stessa, di misurare i risultati ottenuti attraverso di essi e per ultimo di valutarne gli effetti sulla comunità e sul business.

Le attività di Investimento nella Comunità, per essere efficaci, devono essere pianificate sapendo che nella partnership tra impresa e comunità la massima efficacia si ottiene quando gli obiettivi sociali ed economici dell’impresa coincidono con gli interessi dell’associazione coinvolta. L’impegno può avvenire in svariati modi e cioè con donazioni in denaro e sponsorizzazioni, con tempo e competenze del personale dell’impresa (staff involvement), con donazione e/o messa a disposizione di beni materiali ed immateriali, con la partecipazione a eventi locali, con l’organizzazione della “Giornata del volontariato aziendale” a supporto di una o più organizzazioni non-profit, con il supporto a programmi educativi nelle scuole, con la partecipazione a programmi educativi verso l’intera cittadinanza organizzati dalle istituzioni locali. Per fare un esempio pratico, l’UGI nei mesi di novembre e dicembre 2023 ha avuto un gran beneficio dal volontariato d’impresa in quanto in occasione delle iniziative di Natale ha avuto l’apporto di volontari che si sono resi disponibili per promuovere le attività dell’UGI, fare pacchetti regalo presso negozi, effettuare consegne e dare aiuto per qualsiasi necessità dovuta all’incremento di lavoro in quel periodo dell’anno.

Il vantaggio derivato è stato pari da entrambe le parti: l’UGI ha potuto far fronte alla crescita di richieste e le imprese hanno avuto modo di conoscerci meglio e di comprendere a fondo gli obiettivi e la mission dell’Associazione. Ma, ovviamente in un quadro così idilliaco ci sono dei “ma”: le aziende che propongono ai dipendenti il volontariato in orario lavorativo sono poche, anche perché spesso accade che i direttori del personale, figure chiave per questa attività, non ne conoscono i vantaggi. La Fondazione Terzjus, da due anni a questa parte, ha dato vita ad un programma di ricerca per capire le implicazioni economiche, sociali e culturali di questa forma di impegno sociale. Lo studio pone l’accento sul fatto che il vantaggio economico sarebbe maggiore se gli amministratori delegati e i responsabili delle risorse umane fossero informati degli incentivi fiscali di cui potrebbero godere nel caso in cui autorizzassero i propri dipendenti a svolgere qualche azione meritoria durante l’orario di lavoro. Attualmente l’impatto del volontariato aziendale appare ancora abbastanza limitato, infatti riguarda soltanto il 5% delle aziende che impiegano almeno 50 dipendenti. Tuttavia il volontariato d’impresa non sembra essere ignorato nel tessuto economico del nostro Paese dal momento che coinvolge direttamente circa un terzo delle imprese mediograndi le quali già danno la facoltà (o pensano di farlo a breve) ai lavoratori e ai manager di impegnarsi nel sociale. Ma teniamo presente che più di 6 imprese su dieci hanno affermato di non sapere dell’esistenza di incentivi fiscali, il che la dice lunga sulla necessità di spiegare meglio ai direttori del personale che potrebbe essere vantaggioso avvalersi di tale strumento in quanto, a certe condizioni, può migliorare l’immagine dell’azienda e il clima sul luogo di lavoro, cementando il senso di appartenenza dei lavoratori, a prescindere dalla posizione che questi occupano negli organigrammi, come mostrano diversi studi comparativi su scala internazionale.