UGI - Il Giornale dell'UGI - INCLUSIONE, LA VIA PER MIGLIORARE I RAPPORTI TRA LE PERSONE

INCLUSIONE, LA VIA PER MIGLIORARE I RAPPORTI TRA LE PERSONE

Tempo fa andai ad una festa di amici che molto gentilmente mi avevano invitata, ma che conoscevo poco. Mi sentivo come il classico “pesce fuor d’acqua” anche se avrei voluto partecipare a qualche gruppo di conversazione. Si trattava di un ambiente un po’ snob, un po’ “altolocato” e molto “benpensante”. Indubbiamente non appartengo al gotha degli intellettuali e nemmeno al gruppo delle “tacchettine” (citazione dal film “il diavolo veste Prada” in cui la protagonista così definisce le sue colleghe con tacco 12 che si affannano per i corridoi degli uffici), sono una persona normale con una cultura normale e con frequentazioni normali. Ebbene, la festa proseguì, mi diedi un contegno tenendo sempre un bicchiere mezzo pieno in mano, ma non riuscii a scambiare più di qualche laconico sorriso o qualche frase fatta. Non ero inclusa in quell’ambiente, non ne facevo parte. Mutatis mutandis penso di poter immaginare cosa significhi, per temi molto più importanti, la parola inclusione. Inclusione è il contrario di esclusione, ma ha anche a che fare con accoglienza, dedizione, volontà. Sì proprio volontà perché se non si fa qualche sforzo personale il piano di inclusione fallirà comunque. Mi spiego: se io a quella festa mi fossi data da fare di più, se avessi davvero tentato di partecipare alle conversazioni senza pregiudizi, molto probabilmente sarei stata inclusa in qualche gruppo. Allora, sempre facendo le dovute differenze, chi non si tira su le maniche, da una parte e dall’altra, non potrà mai raggiungere i risultati sperati. L’esclusione sociale, dunque, è l’impossibilità per un individuo di partecipare pienamente alla vita della comunità. Si può escludere per razza, sesso, cultura, religione, disabilità, appartenenza sociale. Si può includere per gli stessi motivi.

Lo “straniero” – sconosciuto, estraneo, ignoto – è pur sempre inquietante, porta delle novità che potrebbero minare la nostra tranquillità, il nostro territorio, portar via o mutare ciò a cui siamo abituati. Ecco perché facciamo fatica. Ma includere significa anche allargare gli spazi, abbattere delle barriere, andare oltre i confini. Vi è anche una questione che incide in modo particolare: la carenza di risorse economiche adeguate che spesso comporta un accesso limitato all’educazione, all’assistenza sanitaria, al lavoro, ad un alloggio, alla tecnologia e alla vita politica e culturale. Quindi povertà ed esclusione sono strettamente legate e spesso l’una è causa dell’altra. E l’impoverimento riguarda anche l’aspetto relazionale: la precarietà economica conduce alla solitudine, alla carenza culturale, alla mancanza di legami familiari e sociali, alla marginalità. È interessante una recente dichiarazione dell’ONU che dice: “la povertà va ben oltre la sola mancanza di guadagno e di risorse per assicurarsi da vivere in maniera sostenibile. Tra le sue manifestazioni c’è la fame e la malnutrizione, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base, la discriminazione e l’esclusione sociale, così come la mancanza di partecipazione nei processi decisionali. La crescita economica deve essere inclusiva, allo scopo di creare posti di lavoro sostenibili e di promuovere l’uguaglianza”.

Indubbiamente un bel programma e un sano intento di inclusione. E UGI cosa fa per partecipare ai piani di inclusione sociali? Abbiamo recentemente creato un’area infanzia per bimbi dai tre ai cinque anni che, non potendo frequentare un asilo con molti altri bambini, hanno bisogno di imparare le regole della convivenza, del rispetto dell’altro, devono riconoscere l’autorevolezza di un insegnante, insomma devono sapere che per stare con altre persone ci sono delle regole da osservare. Cosa c’entra tutto questo con l’inclusione? Eccome! Chi ancora non è entrato nella società deve sapere che per essere incluso deve conoscere alcune regole, deve sapersi muovere e fare in modo che le proprie capacità siano riconosciute e apprezzate, deve sapere che oltre alle proprie idee ce ne sono altre e che i confini di ognuno di noi si possono allargare sempre più. La scuola include e prepara dando tutti gli strumenti necessari per sviluppare le proprie competenze; la scuola riveste un ruolo fondamentale nell’insegnare ad accogliere gli altri, a riconoscere e valorizzare le differenze, a fare squadra. La palestra di riabilitazione psico-motoria è luogo in cui la difficoltà motoria viene presa in seria considerazione giusto per limitare al massimo ogni freno che possa dar adito ad una situazione di isolamento. Promuovere progetti di vita indipendenti e autonomi, rieducare affinché ogni barriera e ogni situazione di difficoltà motoria possa essere decisamente limitata e affrontata è un impegno a cui non ci sottraiamo. Lo sport come lo intendiamo noi è altamente inclusivo. I ragazzi e le ragazze entrano a far parte di gruppi in cui non vige la legge del più forte o del più bravo, ma soltanto dello stare insieme e dello stimolo reciproco. Questi sono giusto due esempi degli sforzi che UGI quotidianamente fa nel processo di accoglienza delle famiglie che assiste. Noi volontari dobbiamo però fare attenzione a un piccolo rischio che potrebbe compromettere il buon risultato che ci prefiggiamo ed è quello di non confondere l’inclusione come prodotto, cioè rendere la persona partecipe a tutti i costi, con l’inclusione come processo, dove invece la persona è accompagnata momento per momento nel suo percorso di condivisione. È facile cadere nella trappola del comportamento normativo: Fai così, di’ così e non cosà, vai là e non lì ecc. includere non significa fare al posto di, ma significa dotare la persona di tutti gli strumenti adatti e mostrargli i percorsi migliori, poi sarà lui che dovrà scegliere se seguire una strada oppure l’altra.