UGI - Il Giornale dell'UGI - LA DISCRIMINAZIONE SANITARIA

LA DISCRIMINAZIONE SANITARIA

La discriminazione è un argomento spinoso in qualsiasi campo ci si trovi. Gli esseri umani, per loro natura, vivono di disparità, privilegi, disuguaglianze. Basta dare uno sguardo alla storia e casi di discriminazione abbondano in ogni parte del globo terrestre. Odiosa per definizione, condannabile ma pur sempre presente. Combatterla talvolta sembra facile, ma si insinua continuamente nella nostra quotidianità. Recentemente uno studio promosso dalla American Association for Cancer Research ha rivelato che “la ricerca sta promuovendo enormi progressi contro il cancro e altre malattie umane, ma la triste realtà è che questi sviluppi non hanno recato benefici uguali per tutti. Il progresso è stato troppo lento per la popolazione di colore e il costo monumentale delle disparità sanitarie in termini di iniquità sanitarie […].”

Certo, negli Stati Uniti i problemi dovuti alla razza sono molto presenti e sentiti, fanno parte della quotidianità, ma non è diverso in Europa. Infatti un altro studio condotto dall’UNICEF e pubblicato nel 2022 in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza dice che “razzismo e discriminazione contro i bambini sulla base della loro appartenenza etnica, linguistica e religiosa sono diffusi nei paesi in tutto il mondo.” La discriminazione, che implica giudizio e classificazione, e l’esclusione aggravano le privazioni e la povertà intergenerazionale e causano risultati peggiori in termini di salute, nutrizione e apprendimento per i bambini, una maggiore probabilità di abbandono scolastico, maggiore difficoltà di accesso alle cure. Nel corso della recente pandemia sono diventate evidenti profonde ingiustizie e discriminazioni in tutto il mondo; inoltre gli impatti del cambiamento climatico e dei conflitti in Ucraina e in Israele continuano a rivelare disuguaglianze in molti Paesi, sottolineano come la discriminazione e l’esclusione persistano da tempo per milioni di bambini appartenenti a gruppi etnici minoritari, anche per quanto riguarda l’accesso alle vaccinazioni, ai servizi idrici e igienici e a un sistema giudiziario equo. Le probabilità di sopravvivenza, in caso di grave malattia, dipendono dal Paese in cui ci si ammala, raggiungendo l’80% nei Paesi ad alto reddito, ma sfiorando drammaticamente il 20% nei Paesi a medio e basso reddito, dove la diagnosi è spesso tardiva ed il trattamento non accessibile o non disponibile. Più di 100mila malati ogni anno potrebbero guarire se anche a loro fosse garantita una tempestiva diagnosi, l’accesso alle cure, al pari dei loro coetanei che vivono nei paesi più sviluppati, ed ai necessari protocolli di follow-up.

Come si comporta l’Italia in tal senso? L’Italia risulta non essere un Paese accogliente. In 12 anni ci sono stati 7.426 episodi di ordinario razzismo. E’ questo quanto emerge sul libro bianco dell’associazione Lunaria (Associazione di Roma che dal 1996 promuove attività di ricerca, informazione, campagne sul tema delle migrazioni e contro il razzismo) in un periodo di tempo che va dal 1° gennaio 2008 al 31 marzo 2020. Si tratta di 5.340 casi di violenze verbali, 901 aggressioni fisiche contro la persona, 177 danneggiamenti alla proprietà, 1.008 casi di discriminazione. Sono numeri che ci lasciano perplessi e pensierosi sulla qualità dell’accoglienza italiana e che forse non combaciano con quanto crediamo sulla nostra capacità di inclusione e attenzione agli altri. Tuttavia pare chiaro che persistano due livelli di qualità sanitaria tra Nord e Sud del Paese: nel Sud la povertà sanitaria riguarda l’8% dei nuclei familiari, una misura doppia rispetto al 4% del Nordest (e al 5,9% del Nordovest, e al 5% del Centro). Stiamo parlando di famiglie che spesso rinunciano a farsi curare, in quanto costrette a scegliere tra liste di attese lunghissime da una parte e l’alternativa delle prestazioni a pagamento dall’altra. Gli indicatori Bes (Il progetto Bes nasce nel 2010 per misurare il Benessere Equo e Sostenibile, con l’obiettivo di valutare il progresso della società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale) sono senza appello perché si allarga il divario anche nella speranza di vita: 81,7 anni al Sud, ovvero 1,3 anni in meno del Centro e del Nordovest, 1,5 in meno del Nordest. Di fronte a lunghe liste d’attesa, infrastrutture obsolete e una generale scarsità di risorse, molti cittadini delle Regioni del Sud si spostano verso Nord per accedere alle cure necessarie, soprattutto in grandi città come Milano, Torino e Bologna. Questa tendenza, nota come “migrazione sanitaria”, è alimentata dalle enormi disuguaglianze nell’accesso alle cure mediche tra le regioni del Nord e quelle del Sud. E la mortalità per tumore è di 9,6 per 10 mila abitanti per gli uomini nel Mezzogiorno; la soglia scende all’8 nel Nord. Per le donne il divario dice 8,2 al Sud e meno del 7 al Nord. Sono alcuni dei dati contenuti nel Report “Un Paese, due cure”. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute, promosso dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), e che evidenzia che al Sud i servizi di prevenzione e cura sono più carenti, la spesa pubblica sanitaria è inferiore, e la distanza da percorrere per ricevere assistenza soprattutto per le patologie più gravi è importante. Proprio quest’ultimo punto offre una lettura di ulteriore, grande preoccupazione, infatti si parla di “fuga dal Sud”, specie per le patologie più gravi. Un dato su tutti: il 22% dei malati oncologici meridionali si fa curare al Nord. È un dato che si riscontra anche per i pazienti pediatrici e che raggiunge punte del 43% in Molise, del 30 in Basilicata, del 26 in Umbria e del 23 in Calabria. Un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure.

Ecco perché esistono Casa UGI e Residence UGI che con una capienza di 27 alloggi possono ospitare gratuitamente le famiglie che provengono non solo da paesi esteri ma anche da altre regioni italiane. L’accoglienza è gratuita per non gravare sulle finanze delle famiglie già appesantite dalla malattia del figlio e da un minor guadagno. L’accoglienza e i servizi a loro dedicati sono uguali per qualsiasi famiglia, italiano o straniera, ricca o povera, di qualsiasi estrazione sociale e culturale.