“Posso ancora un altro giro?”
“Sì, ma poi basta che ti gira la testa”.
Mi rannicchiavo dentro l’ovetto di plastica, si chiudeva la cappottina e via… si girava! Uscivo dall’ovetto e subito sul divanetto con la cioccolata calda.
Era il 2004, ero appena entrato nel reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino e così conobbi l’UGI, quella che nel futuro diventò la mia seconda famiglia. È sempre stato un legame differente di quello tra un volontario e bambino, è sempre stato qualcosa di più viscerale, spontaneo e non forzato. In questi quasi 20 anni ho visto crescere l’UGI in modo esponenziale, ho visto le attività rivolte a noi ragazzi moltiplicarsi, gli spazi ampliarsi e sì, ho visto tanti più bambini e ragazzi coinvolti. Quando conobbi l’UGI non c’erano tanti laboratori rivolti a noi bambini e ragazzi in cura, erano principalmente rivolti ai nostri genitori, d’altronde è Unione Genitori Italiani, ma piano piano ho visto dare sempre più importanza anche ai piccoli pazienti, come se si volesse che questo cammino fosse condiviso mano per mano con i nostri genitori. Siamo cresciuti insieme, e ho sempre voluto che l’UGI fosse al mio fianco a ogni mio traguardo, ho sempre trovato un supporto e un sostengo umano che va oltre le attività che vengono svolte. L’Associazione mi ha aiutato a vivere la quotidianità con altri occhi, non quelli del paziente, nemmeno quelli di un ragazzo con un passato “normale”. L’UGI mi ha insegnato ad accettare la malattia implicitamente, mi ha avvicinato a quello che è sempre stato il mio mondo con delicatezza, dandomi quella mano ad accettare il mio passato e a non ricercare una “normalità”. Tutto ciò è stato possibile grazie al frutto del lavoro fatto negli anni passati e ogni giorno vedo l’Associazione che cresce, guardando avanti agli anni futuri. 20 anni fa c’erano determinate esigenze per i ragazzi e le famiglie, ora ce ne sono altre e domani ce ne saranno altre ancora, se il successo di questi anni è stato possibile è grazie anche alle lunghe prospettive che si hanno avute negli ultimi anni, per questo mi sento di ringraziare l’UGI.
A marzo 2023, 19 anni dopo ricevetti una chiamata: “Ciao Stefano, a maggio ci saranno le elezioni del Consiglio Direttivo…” e quella riflessione sulla mia possibile candidatura. Ho ripensato tanto (e poco) a questa scelta, poi mi sono reso conto che la risposta più giusta ce l’avevo già, Sì! Ho pensato che questa sarà l’opportunità per dare ancora più voce ai bambini e ai ragazzi, ad avvicinarli all’Associazione e far sì che possano ripercorrere delle sensazioni e delle esperienze ancora più coinvolgenti e motivanti delle mie. In questi anni ho sentito parlare di “pochi genitori tra i soci e i volontari” e personalmente mi sono sentito in dovere di condividere la mia esperienza: se un bambino o ragazzo si trova a voler star lontano da una realtà, il genitore non si avvicinerà mai a quell’ambiente. Per tanti anni il focus è stato il genitore come volontario; credo che sia giunto il momento di portare i ragazzi a vivere l’Associazione a 360 gradi, di essere loro a portare dentro i genitori per mano. In questi tre anni mi piacerebbe portare sempre più ragazzi ad aiutare altri ragazzi, far sì che si condivida, si costruisca e ci si confronti, che il mio ingresso nel Consiglio Direttivo sia solo il primo di tanti, che piano piano ognuno senta l’Associazione come il proprio posto, un porto sicuro. Il posto dove poter crescere insieme, aiutarsi, scontrarsi e confrontarsi, dove poter avere un conforto, un insegnamento.
Perché quest’esperienza mi ha insegnato che noi ragazzi non abbiamo una normalità da ricercare, ma una differenza da condividere.