La porta non è quella di un’aula, ma di una stanza dell’ospedale Regina Margherita. Il banco è un letto, accanto ci sono monitor e flebo. Qui la scuola entra in punta di piedi, accolta dai bambini e dai ragazzi che vivono la malattia. È una scuola speciale, che da anni rappresenta un laboratorio di innovazione didattica e inclusione. E che dimostra come il diritto allo studio non si sospenda mai, neppure nei momenti più difficili. Per un bambino ricoverato, aprire un quaderno significa riannodare un filo con la vita di prima, con i compagni, con la propria identità. Significa continuare a crescere, nonostante tutto. La letteratura scientifica internazionale lo conferma: dove c’è scuola in ospedale i ragazzi stanno meglio. Non è un “se c’è bene, se manca pazienza”: lo studio è parte integrante del percorso di cura, perché imparare vuol dire restare proiettati verso il futuro. Ogni giorno, in reparto, la lezione assume forme diverse: un’equazione svolta sul comodino, una fiaba raccontata a bassa voce, un castello di carta rimandato a un giorno in cui ci sarà più forza.
Flessibilità, ascolto, continuità: sono queste le regole non scritte di una didattica cucita addosso a chi la riceve. Anche il silenzio può diventare insegnamento, se offerto con sensibilità. La Scuola in Ospedale è un ponte. Mantiene vivo il legame con i compagni e con la scuola di provenienza, accompagna i bambini nel ritorno dopo le terapie, aiuta gli insegnanti “di fuori” a comprendere come affrontare la fragilità. Restituisce persino ai genitori un ruolo: in un contesto dominato dalle cure, vedere il proprio figlio che studia significa ritrovare un frammento di normalità. Non si tratta di una semplice estensione della scuola tradizionale, ma di un modello educativo a sé, che intreccia sanità, istruzione e comunità. Una scuola senza pareti né classi, fatta di incontri individuali in cui si costruiscono abiti su misura, esperienze di crescita e resilienza. Se per ogni bambino studiare significa crescere, per chi affronta la malattia lo studio è molto di più: è un ponte verso la normalità. È la prova più limpida che anche tra aghi e terapie si può costruire futuro. E che la scuola, quando entra in ospedale, non porta solo conoscenza: porta vita. A questo percorso UGI ha contribuito sin dall’inizio, quando la scuola in ospedale era soltanto un sogno coltivato da pochi. Con impegno costante e in dialogo con l’ospedale e le scuole del territorio, l’Unione ha sostenuto il progetto fino a vederlo diventare una realtà solida e riconosciuta. È anche grazie a questa collaborazione se oggi la scuola in ospedale non è più un’eccezione, ma una presenza stabile, capace di garantire ai bambini malati non solo istruzione, ma dignità e futuro.