UGI - Il Giornale dell'UGI - L’IMPORTANZA DELLA MUSICA NEI CONTESTI OSPEDALIERI

L’IMPORTANZA DELLA MUSICA NEI CONTESTI OSPEDALIERI

INTERVISTA A EUGENIO IN VIA DI GIOIA

È ormai noto che la musica è uno strumento di miglioramento del benessere e della qualità della vita; può anche essere uno strumento di cura, difatti esiste la musicoterapia, ma è soprattutto una forma di comunicazione e scambio. Per approfondire l’importanza della musica nei contesti ospedalieri e nei percorsi di malattia e questa forma di comunicazione e scambio, ci siamo rivolti a colui che possiamo definire “l’ambasciatore dell’UGI della musica”, il famoso Eugenio Cesaro del gruppo Eugenio in Via di Gioia, grande collaboratore dell’Associazione, presente in reparto e alle partite della nota “La partita più bella del mondo”. A lui abbiamo rivolto alcune domande.

Eugenio, qual è la funzione della musica negli ambiti ospedalieri? La musica trasporta chiunque la ascolti in una dimensione diversa e per questo motivo in ospedale assume un valore profondissimo. La musica arriva al gradino più intimo dell’anima con un accesso prioritario, universale e diretto. In un luogo come l’ospedale, che durante un percorso di guarigione può risultare alienante, la musica scalda il cuore di pazienti e familiari, traghettandoli altrove.

Come pensi che la musica possa influire su un bambino, un adolescente o un adulto malato? Ogni persona reagisce in modo del tutto personale, nella mia esperienza è sempre stata una reazione positiva. Alcuni generi riescono a fare breccia su determinate generazioni. In genere gli adolescenti vanno matti per il rap, i bambini amano le canzoni arrabbiate o semplicemente strane. Sicuramente sono i più curiosi e, quando entrano in confidenza, vogliono inventarle loro le canzoni. Gli adulti adorano tuffarsi nel passato e ascoltare i brani a cui sono già legati. Una cosa è certa: alla fine del “concerto” la musica ha drasticamente influito sull’umore di tutti. E direi che non è poco!

Che rapporto si crea tra “chi ha bisogno di ascoltare” e la musica? Dal punto di vista mentale c’è un’apertura maggiore e una propensione spiccata ad accogliere nuovi generi. Credo che questo dipenda dall’assenza di distrazioni “mondane”. Se la canzone fosse una chiamata tra chi canta e chi ascolta, la linea in ospedale sarebbe perfetta, nessun disturbo, nessuna galleria o caduta di segnale, nessuna interruzione o rumore di fondo. Sempre 5 tacche.

Ci spieghi cosa succede nell’animo di coloro che ascoltano? Se lo sapessi sarei la persona più felice del mondo, purtroppo rimane un bellissimo mistero. Credo abbia a che fare con la diminuzione di confusione. La musica è una botola nascosta sotto il tappeto del salotto che ci permette di raggiungere strati più interni dell’io. Una scorciatoia che ci dà accesso immediato alle emozioni. Al piano di sotto ci sono le nostre gioie più semplici e le nostre paure più arcaiche. La musica dal vivo, poi, porta con sè il ritmo, il linguaggio corporeo e quello verbale: tutti potenziali punti di accesso diversi per raggiungere il medesimo luogo.

E tu, quando componi, a cosa pensi? Quando compongo cerco di non pensare. Cerco di non mediare, di osservare senza perturbare il naturale flusso per non tradire l’urgenza. Purtroppo non è facile perché tradurre in parole un’emozione o un sentimento è strano. Serve grande concentrazione e totale distrazione. Bisogna essere saldamente ancorati al cavallo pazzo senza provare a domarlo. Quando vengo colpito da forti emozioni lascio che il linguaggio si faccia poetico per non snaturare il significato astratto e impalpabile della meraviglia. Quando si tratta di provare ad organizzare un sentimento, composto da una serie di elucubrazioni, entra in gioco lo studio artigianale e morboso del soggetto. Il bisogno logico e razionale di organizzare le idee, pulire dal superfluo, imbrigliare e rendere chiaro, nitido, risolvere l’enigma. Poi c’è tutta la fase di produzione del brano. Registrare le chitarre, scegliere i suoni, capire la struttura, fasi che assumono un ruolo più sartoriale, comunicativo ed estetico. Insomma, manco fossi Mozart… Rileggendo quel che scrivo sembra che mi prenda molto sul serio, la verità è che quando scendo dal cavallo imbizzarrito mi piace riguardare la strada. Mi aiuta a capire come funziono.