
Lo sport come aiuto alla cura
Abituati allo sport che vediamo in televisione, seduti in poltrona, abbiamo un po’ dimenticato quanto un’attività fisica possa far bene al proprio corpo, alla mente, e alla condizione psicologica in generale. Benefici che possono giovare anche ai bambini e agli adolescenti in terapia oncologica. Certo, non parliamo di pratiche sportive esasperate dalla competizione, non è arrivare primi, non è battere un record o un avversario. E’ invece far proprio lo spirito olimpico per cui quello che conta non è vincere, ma partecipare. E’ opinione dei medici oncologi che “fare sport quando la malattia è ancora in corso dà una motivazione in più per vincere la battaglia”. Terapia e sport, nei limiti delle possibilità di ciascun individuo. Perché sfidarsi in qualche pratica è anche stare insieme, aggregarsi, condividere, stringere amicizie, legami, simpatie. E il mondo che sta fuori, e spesso sembra così distante, in realtà i ragazzi possono averlo a portata di mano. E non farli mai sentire esclusi. L’impegno fisico è naturalmente connaturato con quello delle cure. A volte, spiegano i medici, bastano un paio di ore alla settimana, sufficienti a rafforzare la muscolatura e a dare forza, coraggio e determinazione anche nei confronti della propria malattia. Se si deve dare battaglia lo spirito ha bisogno di un forte sostegno psicologico e lo sport può svolgere egregiamente questo ruolo. In questo numero raccontiamo una storia molto commovente accaduta alle Paralimpiadi di Rio l’estate scorsa. E con un’interessante intervista riportiamo la testimonianza di un atleta che ha trovato nello sport la chiave per vincere la malattia. Sono piccoli e grandi segnali che forse possono aprire qualche porta. E allo stesso tempo dicono che una buona pratica sportiva sviluppa il senso di appartenenza a un gruppo e che insieme si può vincere. E soprattutto rende meno vulnerabili lo spirito e la mente. GIORGIO LEVI Direttore de “Il Giornale dell’UGI”.