UGI - Il Giornale dell'UGI - Restituire il dono

Restituire il dono

Dona ora - Ugi

Quando si affronta una malattia da bambini, spesso si è troppo piccoli per comprendere davvero ciò che sta accadendo. Si prosegue un passo alla volta, senza avere davvero il tempo di dare un nome alle emozioni. Così è stato anche per me, quando nel 2004 ho ricevuto la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta, poi ricaduta nel 2007, fino al trapianto di midollo osseo che ha segnato l’inizio della risalita. In quegli anni difficili, una presenza costante ha accompagnato me e la mia famiglia: UGI, che ogni giorno entra silenziosamente nella vita dei bambini e dei genitori per renderla un po’ più leggera.

Non è facile descrivere cosa significhi per una famiglia ritrovarsi catapultata in un percorso del genere: tutto diventa sospeso, fragile, disorientante. E in quel vuoto, UGI costruisce un ponte fatto di normalità, accoglienza e calore umano. Per tutti gli anni successivi ho sempre sentito il bisogno di passare in UGI per un saluto, per un caffè, il contatto che si era costruito volevo mantenerlo. Molti anni dopo, ormai fuori dal percorso di cura, ho sentito il bisogno di tornare là dove tutto era iniziato. È iniziato tutto con un laboratorio del weekend in Casa UGI, una mano alla festa di Natale… Un semplice laboratorio creativo, una piccola attività, una piccola mano e del tempo passato insieme… eppure dentro di me si è mosso qualcosa. Era la prima volta che ritornavo in prima linea in quell’ambiente non come paziente, non come “bambino in cura”, ma come ragazzo che vuole ricucire un legame con la propria storia.

Da quel momento, piano piano, ho iniziato a frequentare sempre più spesso UGI. Ogni volta era un tassello in più nella comprensione e accettazione di ciò che avevo vissuto. Restare in quegli spazi non mi faceva più paura: mi faceva sentire parte di qualcosa che avevo lasciato in sospeso. Il passo successivo è arrivato nel 2018, con la nascita di Radio UGI. Un progetto nuovo, fresco, diverso. Un luogo dove i ragazzi possono esprimersi, raccontarsi, ridere, distrarsi. Essere lì sin dall’inizio mi ha dato la sensazione di star costruendo qualcosa di importante, ma soprattutto mi ha fatto capire che non ero più solo un ex paziente: ero parte attiva del percorso degli altri.

Diventare volontario è stato come chiudere un cerchio, ma allo stesso tempo aprirne uno nuovo. Non era solo un modo per aiutare: era un modo per accettare definitivamente la mia storia, trasformandola in forza. Oggi, quando guardo i ragazzi in cura, rivedo in loro una parte di me. E spesso penso che, un domani, alcuni di loro potranno scegliere di seguire un percorso simile al mio: prima trovare in UGI un sostegno, poi ritornare, e infine diventare volontari. Non è un obbligo, non è una strada che vale per tutti, ma è una possibilità preziosa: restituire il dono che si è ricevuto, non perché si deve, ma perché la gratitudine diventa parte della propria identità. UGI offre ai ragazzi qualcosa che va oltre il supporto: offre un luogo dove tornare, quando si è pronti. Un luogo sicuro, familiare, dove la sofferenza si trasforma lentamente in una forma di maturità e consapevolezza.

Il mio augurio è che molti dei ragazzi che oggi stanno lottando, domani possano scoprire, come è successo a me, che il volontariato può diventare una via per ricomporre la propria storia. Che possano trovare in UGI non solo aiuto, ma anche un punto di ritorno. Che possano, un giorno, scegliere di restituire quel dono che hanno ricevuto: un sorriso, un pomeriggio sereno, una presenza in un momento difficile. Perché il volontariato è questo: un modo per continuare a vivere la propria esperienza non come ferita, ma come forza.