“La domanda ricorrente che mi sono fatta è stata perché proprio a me, perché proprio a noi. La rabbia e la paura vanno di pari passo all’inizio. Per questo voglio dire grazie ai volontari che con passione, rispetto del dolore ma soprattutto tanto amore ci hanno accolte e in qualche modo ci hanno aiutate a sentirci a casa. Lontane dal papà, dai nonni, da mia sorella, io e lei”.
Ho ascoltato senza interrompere le parole di Elsa, una mamma che gentilmente si è offerta di raccontare la sua storia. La storia di una famiglia la cui vita viene stravolta all’improvviso senza un perché. E ascoltando mi sono posta la stessa domanda che per mesi si è posta Elsa: perché proprio a lei, perché proprio a loro? Sono quelle domande destinate a rimanere senza risposta. Ma da oltre quarant’anni l’UGI offre accoglienza, ospitalità e assistenza rispondendo concretamente ai bisogni delle famiglie che come quella di Elsa hanno bisogno di risposte tangibili.
Da novembre 2023 a giugno 2024 Elsa e la piccola Anna sono state ospiti di Casa UGI. Abitano a due ore da Torino, in provincia di Vercelli, e per un primo periodo hanno fatto avanti e indietro, da casa all’Ospedale Regina Margherita e ritorno ma i ricoveri sempre più frequenti e una brutta infezione da batterio che ha colpito la piccola Anna, tre anni, hanno spinto la famiglia ad appoggiarsi a Casa UGI. “L’ospedale Regina Margherita è vicino a Casa UGI ed io mi sono subito sentita più tranquilla perché a volte, in caso di crisi, sono quei pochi minuti a salvare un bambino. La vera forza è sapere che non si è soli. I volontari, con la loro presenza costante e sempre discreta, la gentilezza e la premura, sono stati fondamentali. La spalla su cui appoggiarsi e trovare il coraggio di affrontare un male che non si conosce. Un passo alla volta. Penso ci voglia un cuore grande per dedicarsi a questo tipo di volontariato. I nostri figli diventano un po’ anche i loro”. “Il mostro, come lo chiamo io, diventa più sopportabile se il dolore è condiviso. Con le altre mamme si finisce inevitabilmente col confidare le proprie paure, la propria ansia e quel senso di impotenza che ti devasta; e così nel buio in cui si viene catapultati ci si confronta per conoscere le dinamiche della malattia, per evitare di sentirsi spiazzate ad ogni crisi o reazione alle cure invasive cui sono sottoposti i nostri figli. Il medico ci spiega ma neanche lui ha le risposte a tutte le domande. Perché ogni singolo caso è differente. Ogni bambino risponde alla terapia in maniera diversa. Non si possono dare certezze. La condivisione è l’unico modo per imparare ad affrontare il mostro, un passo alla volta.” “La salute di Anna è diventata l’unica cosa che conta. La verità è che di tutto il resto si può fare a meno ma della salute no. Soldi, lavoro, divertimento, amicizie. Si fa a meno di tutto ma se viene a mancare la salute siamo sempre impreparati. Si impara a rivedere tutte le priorità. Si impara a guardare alla quotidianità che si è perduta in un modo tale che perfino una riunione di condominio può venire a mancare”.
Adesso mamma e figlia sono tornate a casa. La mamma racconta la sua storia e lo fa con un coraggio che mi sorprende. “Ho cercato di creare intorno a mia figlia un clima di serenità, di vivere quel periodo buio con normalità, ma non c’è niente di normale quando intorno a te vedi bambini come la mia Anna, anche molto più piccoli, sottoposti a terapie invasive, prigionieri dei tubicini (picc) utilizzati per somministrare farmaci chemioterapici o effettuare trasfusioni senza dover ogni volta fare un buco. Quando la normalità è vederli in sala giochi con la mascherina rigorosamente indossata per precauzione. E non è vero che per i più piccoli è più facile. No, anche loro sanno. Anche loro capiscono. E quindi abbiamo cercato di spiegare ad Anna cosa stava attraversando.”
Mentre Elsa racconta non posso fare a meno di notare come parli spesso di normalità. La normalità di andare al lavoro tutte le mattine, di andare al supermercato a fare la spesa, di vedere un’amica, di avere una vita sociale. Tutto si azzera e l’unico pensiero è la salute di sua figlia. Il cuore grande dei volontari, il loro coraggio hanno colpito Elsa. “Tutti i sabato mattina, Riccardo era lì. Ci intratteneva, conosceva il protocollo e mi aiutava con la bambina, permetteva a me e a lei di distrarci. La distrazione è importante e i volontari fanno anche questo. Le attività che propongono anche a noi mamme come la mezz’ora di uncinetto, l’ora di yoga, la possibilità di uscire a prendere un caffè e fare una passeggiata all’aria aperta è vero ossigeno per chi vive in simbiosi 24 ore su 24 con il proprio figlio. Sì, ci vuole davvero un cuore grande”.
Elsa ripensa al periodo appena concluso. “È mia figlia a chiedermi della “casetta”, come la chiama lei per distinguerla dalla sua vera casa a Gattinara. Vorrebbe rivedere i nuovi amichetti di Casa UGI. Tornare a trovare i volontari che ci hanno accolto farebbe piacere anche a me. E poi io stessa ho stretto amicizia con alcune mamme, disarmate come me. Ci siamo aiutate e fatte coraggio. Un coraggio che mia figlia ha sempre dimostrato. È stata una vera guerriera.” Me lo ripete. “Ho una figlia guerriera che ha combattuto con estremo coraggio”. E lo stesso coraggio riconosco nel tono di voce, nelle parole di Elsa, che non indietreggia dietro il silenzio, anche se il ricordo è doloroso non nasconde paura e difficoltà. Adesso Elsa è tornata a lavorare. Ha ripreso per staccarsi per qualche ora dalla bambina così come la stessa Anna aveva bisogno di staccarsi dalla mamma e infatti adesso va all’asilo. Solo per qualche ora alla settimana ma i suoi nuovi compagni la aspettano, la salutano anche se da lontano. Per il momento non è prudente avvicinarsi troppo perché è ancora immunodepressa. La conoscono perché le maestre hanno spiegato e loro hanno capito.
Al termine dell’intensa e delicata chiacchierata, Elsa insiste sull’importanza delle donazioni: “Bisogna farlo sapere a tutti, io ho coinvolto parenti e amici che a loro volta hanno coinvolto altri amici. Il passaparola funziona e anche chi non è coinvolto direttamente deve sapere. Deve sapere che basta un piccolo contributo per sostenere economicamente l’Associazione. Lo stesso vale per le donazioni di plasma e midollo, vitali per tutti i bimbi malati che necessitano di trapianti.” “I capelli cominciano a ricrescere, è una cosa bella per lei. Quella mascherina che all’inizio la spaventava, adesso la indossa sempre quando esce e ricorda anche a me di metterla. È la nostra normalità. Un passo alla volta.”
I nomi fittizi sono stati scelti dalla mamma, si tratta delle due protagoniste del film Frozen.