UGI - Il Giornale dell'UGI - IL PARLAMENTO DISCUTE L’OBLIO ONCOLOGICO

IL PARLAMENTO DISCUTE L’OBLIO ONCOLOGICO

UNA LEGGE PER DIFENDERE UN DIRITTO PERSONALE

Perché mai avere avuto una malattia diventa un problema per il resto della vita e non lo si può accantonare per sempre? Perché una persona dev’essere riconosciuta per essere stata “paziente”? Semplicemente perché una persona non è la sua malattia. Perché una persona, giovane o meno giovane, ha il diritto di non essere etichettata a vita solo perché è stata una paziente grave. Oblio! Il termine oblio deriva dal latino oblivium, ob (verso) e liv (scolorire, divenire oscuro); in sostanza indica un fenomeno in base al quale la traccia dei ricordi si frammenta, fino alla loro completa perdita. Si parla quindi del diritto ad essere “dimenticati” per ciò che è accaduto in passato. È un diritto che mira a tutelare il riserbo imposto dal tempo ad un fatto che ha già avuto il suo spazio in passato ma che non deve turbare e discriminare la vita attuale.

Il diritto all’oblio oncologico è un diritto personale secondo il quale le persone guarite da un tumore possono scegliere di non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa anche in determinate circostanze. Infatti la richiesta d’informazioni circa il pregresso stato di salute di un ex paziente oncologico spesso dà origine a forme di discriminazione in molti settori e proprio ai danni della persona guarita da tumore. Per esempio le pratiche assicurative o di finanziamento vengono rifiutate da parte di istituti di credito e assicurazioni, per non parlare dell’accesso alle adozioni. I pediatri oncologici si sono spesso espressi con forza asserendo che “i guariti hanno la stessa aspettativa di vita dei loro coetanei”. Essere discriminati è profondamente ingiusto e limitante; non libera la persona dal peso della malattia vinta anzi fa sentire quasi come una colpa l’essere stati malati, che si traduce in un ulteriore carico di sofferenza economica, sociale e psicologica. Come si comporta la politica in Italia e in Europa riguardo questa importante questione che limita molto la vita di coloro che hanno già dovuto combattere una dura battaglia? C’è un disegno di legge condiviso da tutte le forze politiche che richiede “il diritto delle persone che sono state affette da patologia oncologica a non subire discriminazioni nell’accesso all’adozione di minori e ai servizi bancari e assicurativi” quando siano trascorsi dieci anni senza recidive, cinque anni se non si sono ancora compiuti i 21 anni di età. In Italia circa un milione di persone ha una storia oncologica alle spalle e chiede semplicemente che questa storia non sia un marchio a tutti visibile e che talvolta appare come uno scoglio invalicabile e Orazio Schillaci, ministro della salute, afferma che “dobbiamo assicurare a queste persone gli stessi diritti di tutti gli altri italiani”.

Indubbiamente anche la tecnologia ci mette lo zampino in quanto non permette l’oblio nemmeno per le cose intime; tutto ciò che finisce nella rete sarà sempre reperibile. Elisabetta Iannelli, segretario generale della Federazione Italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO), racconta la “difficoltà a sottoscrivere o mantenere sia una copertura assicurativa per le malattie, sia una polizza vita per il caso morte. E poiché questa è spesso richiesta come garanzia accessoria, conditio sine qua non, ecco l’impossibilità di accendere un mutuo.” Perché? Perché se si dichiara di aver avuto una malattia oncologia questo può significare un rifiuto alla sottoscrizione della polizza. E se poi lo si omette si rischia di veder negata la prestazione assicurativa. In una relazione illustrativa e tecnica del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro sul diritto all’oblio si legge: “L’Associazione italiana registri tumori ha reso noto che nel 2020 in Italia sono state più di 3.600.000 (circa il 6 per cento della popolazione) le persone vive che avevano avuto una diagnosi di tumore. Detto valore è in crescita del 3 per cento annuo a causa sia dell’aumento della popolazione con età superiore a 65 anni, e sia all’incidenza dei casi tumorali negli uomini e nelle donne proprio in questa fascia di età. Vanno inoltre considerati i progressi diagnostici e terapeutici che aumentano la sopravvivenza delle persone che hanno avuto una diagnosi di tumore e, con il conseguente aumento dell’aspettativa di vita delle persone, aumentano anche le loro esigenze, bisogni e necessità che vanno affrontate e risolte. Ad oggi risulta acquisito il dato secondo cui il 27% delle persone che hanno avuto in passato una diagnosi di tumore, può essere considerato guarito quando sono trascorsi 10 anni dall’ultimo trattamento specifico. Questo contesto induce una legittima aspettativa di rientro in un vissuto di quotidianità normale e tuttavia alla guarigione clinica non pare corrispondere il recupero di una normalità sociale.”

Basta leggere questa introduzione per comprendere quanto sia urgente che la legge prevista entri in vigore come già lo è in Francia, Belgio e Portogallo. La legge, che sarà finalmente discussa nel mese di luglio 2023 in Parlamento, e che si pone come obiettivo di fare decadere l’obbligo di dichiarare di avere avuto un cancro, prevede quindi due scaglioni temporali entro i quali si avrà il diritto all’oblio oncologico: dieci anni dopo il termine delle cure per chi ha avuto il cancro dopo i 21 anni, cinque anni per chi lo ha avuto da più giovane. Passato questo periodo, nessuno potrà più essere obbligato a scrivere su un modulo che ha avuto il cancro e questo varrà per le assicurazioni sulla vita, spesso collegate ai mutui, che in questi casi non vengono erogate o vengono erogate con il premio incrementato, ma anche per la tutela dei lavoratori, per esempio sul piano delle selezioni concorsuali. Per non parlare dell’idoneità all’adozione degli aspiranti genitori”.

Il fatto di non essere tenuti a dare tali informazioni rappresenta, per chi ha superato una malattia oncologica, la possibilità di gettarsi alle spalle questo capitolo della propria vita, anche a livello psicologico. Il testo riconosce quindi “il diritto delle persone che sono state affette da patologia oncologica a non subire discriminazioni nell’accesso all’adozione di minori e ai servizi bancari e assicurativi”. È l’articolo 2 del Disegno di legge sul diritto all’oblio oncologico a declinare gli obiettivi della legge nel settore dei contratti bancari e assicurativi. Si pone il divieto di richiedere informazioni concernenti lo stato di salute – e, in particolare, patologie oncologiche pregresse – in sede di stipula di contratti di assicurazione e di contratti concernenti operazioni e servizi bancari e finanziari quando siano trascorsi dieci anni dal trattamento attivo in assenza di recidive o ricadute della malattia, ovvero cinque anni se la patologia è insorta prima del ventunesimo anno di età. Il comma 2 specifica inoltre che, trascorso il medesimo periodo, tali informazioni, ove legittimamente raccolte in sede di stipula prima del decorso del termine decennale o quinquennale, non possono più essere considerate ai fini della valutazione del rischio o della solvibilità del cliente. Basta leggere le poche righe che preludono alla legge per comprendere che l’Italia è pronta ad aprire la strada a tutti coloro che nella vita hanno già sofferto abbastanza, dai più giovani a coloro meno giovani, e che hanno il diritto di pensare al futuro con speranza e possibilità di progettazione: “La presente legge è finalizzata a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza delle persone guarite da patologie oncologiche nell’esercizio dei diritti, in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, degli articoli 7, 8, 21, 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’articolo 8, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e conformemente al Piano europeo contro il cancro di cui alla Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio COM (2021) 44 final).”